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Intervista al dottor Pantaleo Piccinno



Città dell'Olio: Caprarica di Lecce

Istituto: IC Calimera-Scuola secondaria di primo grado di Caprarica

Classi / Sezioni: I, II, III

Referente / Insegnante: Michela Villani

La mia Intervista

Titolo dell'Intervista:

Intervista al dottor Pantaleo Piccinno

Testo dell'intervista

Cosa significa prendersi cura degli olivi?
Prendersi cura degli olivi non vuol dire solo svolgere un’attività economica, che nel corso dei secoli ha dato reddito a tante famiglie e ha consentito il progresso economico, per altro la bellezza dei centri storici di tutto il Salento nasce proprio dalla coltura dell’olivo e dalla redditività che nei secoli ha avuto; tanti monumenti sono stati creati perché c’erano le ricchezze per farlo e le ricchezze venivano prevalentemente dall’olivo, però non si tratta soltanto di una semplice attività economica, ma si tratta di preservare il paesaggio, la cultura, mantenere un ambiente pulito, che sia capace di generare assorbimento di Co2, quindi non una semplice attività economica, ma un qualcosa che genera positività su tutti quanti
Quali sono i problemi principali che incontra un olivicoltore?
L’olivicoltura è sostanzialmente un’attività economica e come tale deve trovare la sostenibilità economica. È successo così per molti anni, invece negli ultimi tempi questo non avviene più con facilità, questo perché probabilmente non c’è una cultura diffusa delle qualità dell'olio extra vergine d'oliva, non c’è una valorizzazione che dia il giusto corrispettivo per l’impegno che si mette per fare un prodotto di alta qualità che ha grandi ricadute dal punto di vista salutistico sulle persone e c’è una massificazione del prodotto molto spesso proveniente da altre aree geografiche in cui i costi di produzione ma anche la tenuta sociale è completamente diversa dalla nostra, per la quale si genera appunto questa concorrenza sleale che deprime le nostre produzioni di qualità.
Secondo lei, come si può affrontare la crisi olivicola dovuta alla xylella?
La crisi dovuta alla xylella, è una crisi epocale, sono di quegli eventi che succedono una volta nei secoli. Va affrontata considerando che non è una semplice crisi olivicola, ma una crisi di settore, ma di fatto è una crisi del territorio perché noi con la xylella non abbiamo perso solo il reddito economico degli olivicoltori, ma abbiamo annullato la memoria storica di un territorio, l’identità di un territorio e abbiamo perso la cultura del territorio, che sono valori ben superiori al valore economico.
È possibile ridurre l’impatto ambientale dell’agricoltura intensiva? E se sì, come?
Non bisogna spaventarsi o inseguire un concetto, ma bisogna ragionare nel pratico. Esistono modelli di sostenibilità che vanno perseguiti. Oggi chi svolge attività economica deve avere la consapevolezza della ricaduta di queste attività che hanno sulla collettività e sul territorio, allora è necessaria la sostenibilità economica che va perseguita sia nei modelli intensivi ma anche in quelli meno intensivi.
Quali benefici territoriali, ambientali e sociali genera l’olivicoltura?
Ce ne stiamo rendendo conto proprio adesso, quando abbiamo perso tutta la nostra olivicoltura millenaria. Per esempio, quando scendevamo dalla serra di Caprarica per noi era una cosa normale perché li vedevamo ogni giorno, oggi ci rendiamo conto di cosa abbiamo perso non vedendoli più. Lo vediamo dal volto dei turisti che vengono qui nel territorio e tornano tristi, perché vedono questi paesaggi spettrali e ricordano quel territorio bellissimo che avevamo.
Quali sono le strategie da mettere in atto oggi per preservare l’agricoltura di domani?
Innanzitutto bisogna partire dal concetto che i beni sono illimitati. Noi dobbiamo farne un corretto utilizzo e non utilizzarli quindi per soddisfare il problema economico ma riuscire perciò a gestirli. Nello stesso tempo l’agricoltura deve essere capace di valorizzare l’esternalità che dà all’ambiente, alle comunità...cioè valorizzare tutto quello di buono che viene fatto oltre alla semplice produzione. Se una coltura vegetale produce ossigeno e assorbe anidride carbonica è un beneficio che non è soltanto relativo alla coltivazione ma che è diffuso sulla comunità, ciò va valorizzato.
Si sente parlare spesso di miscele illegali. Ovvero ottenute con oli diversi e di valore inferiore rispetto all’olio d’oliva. Quali sono le conseguenze in termini economici? E in termini di salute?
In termini economici è che vanno furi mercato produzioni di qualità che hanno necessità di un prezzo adeguato per potersi sostenere. Dal punto di vista della salute, invece, non sono in grado di garantire le straordinarie qualità salutistiche che gli oli extravergine che si producono sul territorio riescono a dare. Però mi sento di dire che bisogna badare bene all’investimento in salute che è di certo un investimento a lungo termine ma che è importante per tutte le comunità.
La biodiversità olivicola italiana è unica al mondo, ci sono dei rischi che potrebbero minacciarla?
I rischi sono sostanzialmente due: uno l’abbandono dei terreni dovuto al fatto che non si riescono più a mantenere queste coltivazioni che sono un po’ più marginali, e l’altro è purtroppo, drammaticamente, la xylella che si abbatterà sull’olivicoltura italiana, ma non solo quella italiana, anche quella del mediterraneo determinando la scomparsa di varietà e potrebbe essere che nel tempo ne usciranno delle altre legate ai territori.
Una sfida dell’agenda 2030 a livello globale è quella di diffondere una cultura alimentare basata su stili di vita sani e sicuri. Il consumo di olio evo quanto può contribuire in questa direzione?
La strategia Farm to Fork. Sostanzialmente l’extravergine non è un semplice condimento, è un prodotto che ha valori salutistici straordinari. Potrebbe essere alternativo a tante cure che normalmente si prendono in farmacia. È dimostrato scientificamente che fanno bene. Per cui è un alimento che deve essere centrale nella dieta di ognuno.
E infine, ci spiega come riconoscere un buon olio evo?
Ci sono le tecniche che sono standardizzate per la valutazione degli oli. Sarebbe meglio versarlo in un bicchiere, chiudere gli occhi e affidarsi al proprio naso, che è la prima sensazione. Un olio deve far restare dentro di voi ricordi che avevate da bambini, come quando siete andati per la prima volta nei frantoi. Ciò significa che deve far sentire la freschezza e i profumi dell’oliva spremuta.

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