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EVO: il perfetto elisir tra natura e sostenibilità



Città dell'Olio: BITETTO (BA)

Istituto: G. MODUGNO

Classi / Sezioni: 2E

Referente / Insegnante: PROF.FRANCESCO RUTIGLIANO

La mia Intervista

Titolo dell'Intervista:

EVO: il perfetto elisir tra natura e sostenibilità

Testo dell'intervista

Il cuore? E’ l’ingrediente segreto per un olio Evo sostenibile. Questo è quanto emerso dal progetto di “Educazione alimentare 2021-22” promosso dall’Associazione nazionale “Città dell’Olio” e accolto dalla classe 2E dell’Istituto Comprensivo “Cianciotta-Modugno” di Bitetto.
Bitetto è il paese dell’oliva termite, un’oliva da mensa molto diffusa nel barese, conosciuta anche come oliva-mela e apprezzata per le sue particolari caratteristiche: il sapore, la fragranza e la polpa consistente. Per far conoscere a noi ragazzi la produzione dell’olio sono state organizzate delle visite scolastiche presso i frantoi, dove si è avuto modo di vedere non solo di vedere come avviene la produzione dell’olio, ma anche di porre delle domande ad alcuni agricoltori-produttori.
Uno di questi frantoi è FAME. Nell’azienda l’igiene è importantissima da quando l’oliva arriva al frantoio fin quando esce sotto forma di olio sigillata in lattine o bottiglie. E non solo. “Se mai qualche oliva subisse un urto” hanno spiegato i proprietari “la qualità dell’olio non sarebbe danneggiata in quanto quest’ultimo viene prodotto esclusivamente con olive arrivate al frantoio nelle precedenti 24h-48h”. “La produzione del nostro olio è dovuta quasi interamente alle recenti scoperte tecnologiche” hanno spiegato. “Un’importante innovazione che abbiamo accolto è quella dei pannelli solari che azzerano l’inquinamento causato dai combustibili fossili”. Gli stessi intervistati hanno inoltre dichiarato il loro impegno “nel comprare le olive da agricoltori che non utilizzano pesticidi o prodotti chimici sugli ulivi per questo prestano più attenzione ai concimi e altri trattamenti che inquinano e rendono le olive non biologiche”.
In Italia, gli uliveti sono espressione di un grande valore naturale, simbolo paesaggistico delle nostre terre, soprattutto nel caso degli oliveti secolari del territorio pugliese nonostante la Xylella (un parassita che colpisce e uccide gli alberi). L’olio di oliva sostenibile e biologico, ruolo chiave nell’alimentazione mediterranea per i suoi benefici in termini di salute e di equilibrio nutrizionale, rientra tra quei prodotti della “Dieta Mediterranea” che l’Unesco ha definito patrimonio dell’umanità.
L’olio extravergine di oliva, annoverato tra i farmaci negli Stati Uniti, apre numerose possibilità per il Made in Italy. Nessun’altra pianta ha avuto nella storia della nostra specie la stessa importanza dell’olivo. Le inconfondibili fronde nodose e ricurve degli olivi hanno modellato il paesaggio del Mediterraneo e i loro frutti hanno offerto sostentamento a numerose civiltà, dal Medio Oriente alla Grecia, dall’Italia alla Spagna.
L’olio di oliva, espressione di punta della qualità del Made in Italy, sembra essere anche il perfetto elisir naturale e sostenibile. Vediamo perché. Fa bene al cuore poiché ricco di acidi grassi monoinsaturi e combatte il diabete. Aiuta a ridurre i picchi di glicemia dopo i pasti. E’ un analgesico e un antinfiammatorio poiché contiene una molecola, chiamata oleocantale, che sembra avere sul nostro corpo lo stesso effetto dell’ibuprofene. Ha proprietà cosmetiche. Fa bene alla dieta aiutando l’intestino in una corretta digestione, tiene sotto controllo il colesterolo. Ha proprietà anti-invecchiamento sulla pelle ed è efficace contro i tumori della pelle, previene l’Alzheimer ed è ricco di antiossidanti.
L’olio EVO (olio extravergine di oliva) incontra la sostenibilità già da un’attenta cura del terreno e una precisa potatura. Per ottenere olive biologiche, infatti, bisogna lavorare bene il suolo con le arature per attivare i processi di fertilizzazione naturale e per permettere all’acqua di entrare in profondità e raggiungere le radici delle piante. Adesso gli agricoltori prestano più attenzione ai concimi e altri trattamenti che inquinano e rendono le olive non biologiche. Ad esempio, abbiamo scoperto che il fertilizzante “urea” è da preferire al nitrato d’ammonio e che la potatura degli alberi di ulivi va fatta subito dopo la raccolta del frutto.
I recenti dati pubblicati dalla FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura) riportano 10.578.246 ettari di uliveti in tutto il mondo, di cui più di 5 milioni solo in Europa. La produzione mondiale di olive si attesta sulle 19.464.495 tonnellate, di cui più del 60% è concentrata in Europa. L’agricoltura sostenibile quindi privilegia i processi naturali, riduce al minimo lo spreco di risorse idriche, non apporta modifiche irreversibili al terreno e non permette di coltivare in maniera intensiva gli ulivi. È un modo etico di produrre un olio genuino, un modo che permette di essere socialmente onesti e moralmente integri. E proprio in merito alla sostenibilità, prezioso è stato l’incontro su Meet avuto con la dott.ssa Daniela Leccisotti, tecnologa alimentare, che così ha spiegato: “I quattro pilastri della sostenibilità: ambientale, economico, salutare e sociale difendono la salute dei consumatori. Negli anni abbiamo sfruttato l’ambiente talmente tanto che abbiamo ridotto il pianeta ad essere al collasso e per tale ragione bisogna invertire la rotta, partendo anche dai piccoli gesti e dalle scelte alimentari etiche e consapevoli, perché BIO è meglio!”.
Tra i progetti a sostegno di una produzione olearia di qualità e a basso impatto ambientale ritroviamo l’impronta idrica che è un indicatore che consente di calcolare l’uso dell’acqua prendendo in considerazione il consumo diretto e indiretto utilizzato per produrre le olive. Numerose sono le iniziative a livello nazionale per promuovere e proteggere l’olio EVO. Il progetto VIOLIN, ad esempio, intende valorizzare l’olio extravergine di oliva italiano riutilizzando i sottoprodotti della trasformazione e promuovendo una cultura dell’olio italiano di qualità.
Tra le ricerche che puntano alla massima sostenibilità ambientale della filiera ovicola c’è la SOS. In questa ricerca si studiano le caratteristiche di coltivazioni minori in tutta Italia per evidenziare il loro potenziale quantitativo e soprattutto qualitativo. Sarà studiata, dunque, una nuova forma di estrazione a ridotta concentrazione di ossigeno e verranno utilizzati anche coadiuvanti non chimici per facilitare l’estrazione dell’olio. La COMPETITIVE, invece, vuole migliorare la competitività della filiera dell’olio italiano, attraverso la diffusione del grandi proprietà benefiche dell’olio extravergine di oliva e di modernizzare le nuove tecnologie già esistenti ma saranno sviluppate anche le nuove tecnologie di diffusione dell’olio.
A livello locale, l’assessore alla cultura il dott. De Benedictis ha anticipato un progetto tutto bitettese. Si tratta di una passeggiata tra gli ulivi per incentivare il mangiare buono e sano. Tra gli intervistati anche la dott.ssa Marica Marone autrice del libro “Ecomuseo dell’olio d’ulivo a Bitetto” che ha sottolineato l’importanza di proteggere a livello internazionale l’olio “MADE IN ITALY” e dai molti casi di falsificazione in etichetta. sul reale luogo di provenienza dei prodotti a base d’olio. Si tratta della Denominazione di Origine Protetta meglio nota con l’acronimo “DOP”, il marchio di tutela giuridica che viene attribuito dall’Unione Europea agli alimenti le cui peculiari caratteristiche qualitative dipendono essenzialmente o esclusivamente dal territorio in cui sono stati prodotti. Dalle ricerche effettuate in effetti è emerso che in due aziende su tre manca la “contabilità ambientale”: sulla bottiglia ci sono le certificazioni indispensabili, ma nemmeno una riga su quanta acqua o energia viene consumata nella produzione o come gestirne i rifiuti.
“L’Olio EVO è da preferire ad altri oli come l’olio di palma, olio di semi di girasole e olio di semi di arachidi. Ad esempio, l’olio di semi di girasole rispetto al suo rivale, olio extravergine d’oliva appunto, è ottenuto attraverso dei trattamenti chimici, condotti principalmente per via termica che possono addirittura causare danni al nostro organismo. Ciò lo rende il peggior olio utilizzato nel settore gastronomico per la realizzazione di un alimento” ha concluso la dott.ssa Marone.
Il super intensivo? E’ il contrario della sostenibilità come ha spiegato l’esperto in agricoltura sostenibile, l’imprenditore agricolo Nico Marzialiano: “Il super intensivo mira ad ottenere una produzione in breve tempo, si occupa solo di quantità e non di qualità. Invece oggi i giovani imprenditori agricoli prestano attenzione all’ambiente, al paesaggio quindi da un frantoio di tipo tradizionale si è passati ad un frantoio di tipo continuo”.

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